Ineffabile, etereo, mistico, l’emblema della beatitudine umana. È così che Dante descrive il Paradiso una volta giuntoci dopo una lunga ascesa dagli inferi della Terra da cui si è salvato grazie alla guida di Beatrice. E se Dante fosse evaso dal Paradiso e dalla sua perfezione per scoprire un mondo in cui di perfetto c’è ben poco ma che ogni giorno mette alla prova per renderlo sempre migliore? Non è forse questo il motivo per cui siamo sulla Terra? Per farne qualcosa di bello?
Dimentica l’ascesa di Dante, dimentica l’impeccabile Beatrice. Oggi ti raccontiamo il viaggio di Marfa, un angelo che, cacciata dal Paradiso, attraversa il Purgatorio per poi ritrovare sé stesso nell’Inferno: il pianeta Terra. La guida di Marfa? Continua a leggere la storia per scoprirlo (anche se in fondo scommetto che lo sai già!).
Marfa non era un angelo come gli altri, fin da piccola aveva una tendenza a distruggere, scomporre, ricomporre, sfare, sciogliere, aprire, disgregare, analizzare, studiare, modificare tutto ciò che gli capitava per le mani. Una tendenza alquanto insolita per un angelo che non dovrebbe fare altro se non giacere inerme nella sua beatitudine nell’attesa dell’arrivo di nuove anime da accompagnare nell’oltretomba. Ma l’attesa era così noiosa, che Marfa proprio non riusciva ad attendere con le mani in mano. Tra l’altro, molto spesso, gli angeli come Marfa erano costretti a sequestrare oggetti d’ogni tipo dai quali le anime umane proprio non si volevano separare. Tutto ciò che fosse di materia in Paradiso non era ammesso ma, dopo anni di esperienza, Marfa era riuscita a sviluppare una tecnica infallibile per far sì che riuscisse a nascondere alcuni di questi strani oggetti per tenerseli tutti per sé. Si trattava di forme e consistenze tutte diverse, tutte affascinanti agli occhi di Marfa che non aveva mai visto nulla del genere in Paradiso.
Da borse e scarpe a giacche e cinture, tutto ciò che Marfa sequestrava invece di gettarlo giù sulla Terra lo nascondeva dietro una nuvola particolarmente densa che non lasciava trasparire nulla. Dietro quella nuvola si celava la magia di Marfa, giacevano manici di borse che diventavano accessori, tacchi che dalle scarpe finivano sulle spalline di giacche e cappotti. Abiti tagliati e scuciti che prendevano forme sempre nuove tra le mani abili di Marfa. Era sicura del fatto che lì i suoi tesori sarebbero stati al sicuro…fin quando, un giorno, quando uno degli angeli supremi scoprì il suo segreto e fu costretto a cacciare Marfa dal Paradiso.
Angeli, spiriti puri ed innocenti. Non mentono, non celano, non disobbediscono. Ma lo spirito di Marfa era diverso, Marfa aveva uno spirito Poorasfuck anche se ancora non lo sapeva e sarà proprio quello spirito dal carattere forte e ribelle a guidarla nella sua discesa sulla Terra.
Marfa non aveva mai messo piede fuori dal Paradiso, non sapeva cosa ci fosse al di là delle porte del regno divino e seppur fosse sempre stata curioso di scoprirlo, ora era terrorizzata all’idea di perdere le sue ali ed uscire da quella sfera immacolata che era il Paradiso e che da sempre la aveva protetta dal mondo esterno.
Le porte del Paradiso si chiusero alle sue spalle e Marfa iniziò a precipitare nel vuoto. Una caduta che sembrava non finire più e dalla quale, senza le sue ali, non si sarebbe potuta salvare. Atterrò infine su un cespuglio, che poi scoprì essere una siepe. Una di quelle siepi alte, anzi altissime, che facevano da parete alle strade di un immenso labirinto. Nel tentativo di rialzarsi, Marfa cadde per terra. Era tutto così buio in confronto al Paradiso, non riusciva ad orientarsi, davanti a lei una strada stretta con svolte a destra ed a sinistra. Seguiva il percorso e le sue svolte, prima una volta, poi un’altra, persa nella sensazione di ritrovarsi sempre al punto di partenza. Marfa era persa nel labirinto dalle alte siepi, nonché nel labirinto dei suoi pensieri. Perché era stata cacciata via dal Paradiso? Era davvero quella la punizione che si meritava per aver mentito? Marfa ancora non realizzava che non era stato il mentire quanto il distruggere il vero responsabile della sua cacciata dal Paradiso.
“Pensa, pensa, pensa” ripeteva Marfa tra sé e sé. “Cosa posso fare, cosa posso fare”. “Pensa, pensa, pensa”. “Dove sono?” “Pensa, pensa, pensa”. Marfa non era stata cacciata dal Paradiso perché aveva mentito, era stata cacciata perché non era il posto a cui Marfa apparteneva. E in fondo lo sapeva anche lei. La calma, la perfezione e la staticità candida e limpida del Paradiso non avrebbero mai soddisfatto la sete di novità di Marfa, la sua ricerca della bellezza alla quale dava forma attraverso una distruzione creativa per la quale sembrava che in Paradiso non ci fosse apprezzamento. La distruzione di Marfa non era fine a sé stessa ma rappresentava ogni volta l’inizio di qualcosa di nuovo, la creazione di pezzi unici nati dall’unione di materiali diversi, come unici e diversi siamo noi esseri umani. Non siamo perfetti, non siamo angeli, siamo il frutto di un puzzle complesso e multiforme. Spesso capita che non tutti i pezzi si incastrino perfettamente e allora cosa si fa? Non si cambiano i pezzi, li si lavora, si smussano gli angoli per raggiungere una combinazione che non sarà mai perfetta ma che funziona.
Marfa continuava a girare in tondo quando all’improvvisò sentì una voce in lontananza. Svoltò a destra, di nuovo a destra, continuò dritto tra il buio delle siepi nel tentativo di seguire quella voce. Sinistra e ancora destra. Non sapeva esattamente dove stesse andando ma quella voce sembrava essere la sua unica fonte di salvezza. Era il suo spirito Poorasfuck che gli parlava. Ma Marfa, ancora non lo sapeva. Seguì la voce finché non giunse di fronte ad una porta chiusa, con la chiave inserita nella serratura.
La vita è uno stato di continua evoluzione, e così anche la moda. Una volta aperta la porta al termine del labirinto, Marfa si ritrovò sulla Terra. La stessa Terra che gli angeli del Paradiso hanno sempre disprezzato
Effettivamente, a pensarci bene, per quanto piena di comodità costruite a misura d’uomo la Terra rimane pur sempre un pianeta che l’uomo stesso, nel plasmarla per assecondare i suoi bisogni, vizi e desideri, sta distruggendo. Forse, dopo tutto, non son da biasimare gli angeli del Paradiso. Noi uomini, noi donne, noi cittadini del mondo, noi esseri umani siamo circondati da un mondo facilitato in cui tutto è già pronto, a portata di una transazione. Negozi, indicazioni stradali, rete internet, stazioni della benzina, supermercati che ti portano la spesa a casa. Tutto questo e molto altro lusingano il nostro “io” ogni secondo, ogni giorno della nostra esistenza. Questo è un mondo che impigrisce, che ci porta sempre di più a dover fare meno scelte. Come quando andiamo a fare shopping e in ogni negozio ci sono gli stessi capi disposti nello stesso modo. Questo è un mondo che ci porta all’omologazione. La gente non si sforza più di cercare un capo che rispecchi la propria personalità, di creare uno stile che sia tutto suo e solo suo, di inventarsi capi nuovi fatti su misura del proprio corpo, del proprio carattere e dei propri valori. D’altronde perché dovremmo quando è tutto già pronto? E se un capo non va più bene, lo si butta via perché ce ne sarà un altro già pronto con cui sostituirlo.
Tutto molto facile, eppure c’era qualcosa di questa filosofia che agli occhi di Marfa non tornava. Una volta giunto sulla Terra, Marfa riscoprì un’infinità di tesori. Tutti gli oggetti che aveva dovuto abbandonare dietro la sua nuvola non erano nulla in confronto. La Terra spopolava di abiti, scarpe e accessori ed erano tutti così belli che Marfa capiva perfettamente perché gli umani facessero così tanta fatica a lasciarli andare prima di entrare nel Paradiso. La Terra era così piena di capi d’abbigliamento che Marfa ne trovava anche nei cestini della spazzatura, in mezzo alla strada, nelle discariche… insomma, dappertutto. E ogni capo che trovava, lo faceva suo. Lo raccoglieva e lo portava con sé. Poi lo tagliava, lo scuciva, ci toglieva i bottoni e le cerniere, insomma lo distruggeva, lo rendeva irriconoscibile. Poi ne prendeva un altro e faceva lo stesso. Poi un altro e un altro ancora. A fine giornata aveva a disposizione una collezione di materie prime che avrebbe poi rimesso insieme per creare qualcosa di nuovo, di personale, di bello semplicemente perché creato con le sue mani.
Quello di Marfa è un elogio alla distruzione creativa, all’estetica del riciclo, alla bellezza che non nasce dalla perfezione ma dall’unione di tanti pezzi che da scarti riprendono vita. In altre parole, si tratta di un elogio all’upcycling. Marfa glorifica la rinascita della bellezza dai rifiuti e così facendo, glorifica anche la rinascita di uno spirito creativo che il fast fashion ci sta portando via. Ecco perché Marfa era sulla finita sulla Terra: per prendere gli scarti dell’umanità e farne qualcosa di bello. Non lasciamo che la moda standardizzata, tutta uguale e tutta vuota vinca. Marfa si è lasciata guidare dal suo spirito Poorasfuck in questo viaggio alla riscoperta di una moda che non deve essere per forza nuova per essere bella.
Art Director: Poorasfuck Streetwear
Photographer: Diana Karmanschi @karmaph_
Model: Yurim Kim @y_r__xp
Stylist: Amelia Mihalca @amystaste
Film Director: Chiara Pieraccioli @chiarapieraccioli
MUA & Hairstylist: Serena Placier @serenaplacier.mua
Assistant: Matilde De Nobili @matildedenobili
Article writer: Chiara Riezzo @chiaramentemoda