Trend, trend, trend. Sembra essere una delle poche cose che ci preoccupano veramente, stare al passo con tutti i cambiamenti costanti di tendenze sembra definire la nostra generazione. Sarà a causa della #fomo? Viene definita così la paura di perdersi qualcosa, di restare al di fuori. In un certo senso, si può dire che non vogliamo sentirci esclusi. Come conseguenza, avere la nuova borsa di Prada oppure le ultime sneakers che “hanno tutti” (e sono già sold out) diventa più importante di ogni cosa. Addirittura, una necessità. Fermiamoci un attimo da questa corsa al prossimo “oggetto del desiderio” e facciamo chiarezza su un mondo che in pochi conoscono.
Viene definito “trend” un determinato evento oppure oggetto popolare in un particolare lasso di tempo. Le tendenze hanno vita breve, fanno brevi cicli di vita che si ripetono regolarmente. La moda si reinventa sempre in qualcosa di mai uguale, una delle caratteristiche che l’ha resa un’industria instancabilmente immortale.
Contrariamente, spesso i brand ci inducono a credere che siano loro a dettare le tendenze, ma in realtà siamo noi stessi ad influenzare il loro andamento. Due anni prima di ogni collezione, un trend forecaster analizza i cambiamenti culturali, artistici e persino politici nel mondo (eventi, news, tutto). Nell’ambito moda, si analizzano le macrotendenze attuali (quelle già in esaurimento, che si trovano nei negozi di fast fashion) e le microtendenze nascoste per predire cosa andrà di moda. Queste influenze possono essere anche solo un colore o una stampa, poi tutta la ricerca viene messa insieme per guidare i designer nella creazione delle future collezioni. Nonostante non sembri, i brand di lusso sono stati obbligati ad adattarsi alla velocità dell’era digitale, aumentando il numero di sfilate all’anno. Anche così, non bastano più le sfilate, la nuova generazione si annoia più in fretta. Ogni giorno ed ogni momento nascono e si spengono tendenze esclusivamente online. I social stanno avendo un enorme impatto sul cambiamento accelerato delle tendenze, e sul nostro bisogno di seguirle.
Dal 2015 anche il fast fashion è stato un enorme contribuito verso l’inizio di un consumismo sfrenato, psicologicamente, siamo indotti ad annoiarci doppiamente in fretta dei nostri vestiti, specialmente se ogni settimana c’è una nuova collezione completamente diversa da quella della settimana precedente e se il costo è così basso. La maggior parte delle volte i capi sono stati pensati proprio per durare poco. Spinti dalla stessa paura di sentirci esclusi, ci affidiamo a questo circolo vizioso per omologarci, ma non riusciamo ad avere uno stile personale. In effetti, avere uno stile personale danneggerebbe l’industria della moda, che perderebbe la sua supremazia e l’abilità di vendere ogni stagione cose nuove.
Una serie di fenomeni sia all’interno del mondo della moda che all’infuori di esso hanno causato una necessità di ispirarsi al passato. Negli anni ‘60 è nata una tendenza chiamata Space Age, promossa da creatori come Pierre Cardin e Andrès Courrèges, dopo il primo viaggio dell’uomo sulla Luna. Materiali metallici e brillanti erano il nuovo must-have. Negli anni ‘70 nasce il retro futurismo, corrente che riprende come il passato immaginava il futuro oppure il passato visto attraverso gli occhi del presente. Per esempio, la nostra maniera di vedere gli anni ‘2000 è diversa da come sono realmente stati gli anni ‘2000, e fra altri 20 anni verranno visti in maniera differente.
(foto: film Who are you Polly Maggoo?)
Con l’avvento del retrofuturismo come corrente si diffonde un fenomeno opposto: il revival. lo sguardo si volge verso il passato, essendo caratterizzato da una nostalgia di un’epoca mai vissuta (solitamente di 15/20 anni prima), portando alla sua idealizzazione. Tornando all’esempio degli anni ‘2000, vengono mischiati gli elementi caratterizzanti dello stile a capi più attuali. Solitamente le sfilate lanciano dei trend, che vengono copiati in seguito dalle aziende di fast fashion finché non si estingue arrivando alle masse.
Un paio di anni fa abbiamo vissuto un revival anni ‘70 grazie alla crescita del brand Gucci ed i pantaloni a zampa, che per la loro longevità sono tornati ad essere un classico. Definiamo “classico” una tendenza che sopravvive nel tempo, diventando “timeless” (come la borsa di Chanel o Hermès). La cintura con il logo oppure le sneakers di McQueen, invece, possono essere definite “fads”, perché sono diventate così frequenti che la loro “esclusività” si è esaurita, e di conseguenza anche la desiderabilità. Una tendenza semplice può durare una stagione o più, mentre il fad ha più o meno una durata di 3-4 mesi, tendendo ad essere capi specifici. Per esempio, se tutti hanno un determinato giubbotto, nel giro di pochi mesi si diffonde tra i giovani solo per poi essere dimenticato a breve. A volte, questi oggetti possono tornare di moda, come la Re-edition bag di Prada, creata inizialmente nel 2005 e tornata in auge nel 2020.
Negli anni 40’ c’è stato un vago revival anni ‘20. Successivamente, negli anni 70’ con l’apertura dei primi negozi vintage a londra come Granny Takes a Trip e con la collezione di Yves Saint Laurent nominata “The Scandal Collection” tornano influenze dello stile anni 30/40’ ispirate al periodo della Seconda Guerra Mondiale, ma in una maniera completamente nuova. (vengono ricevute tantissime critiche per aver ripreso un momento talmente difficile per la Francia). L’effetto si manifesta anche nei film e nella musica. Parallelamente, negli anni ’70 si sviluppa anche un revival della vita di campagna dell’Inghilterra ottocentesca, creando una sorta di estetica cottagecore. Da un lato, si ha la nostalgia della vita lontana dalla città, dall’altro si assiste ad una rapida ascesa del ready-to wear e le stampe aggiungono modernità ai vestiti.
In conclusione, se tutto quello che viene creato nel giorno d’oggi è un riflesso di quello che accade nel mondo mischiato ad una rivisitazione del passato, le categorie sono due: coloro che non sanno discostarsi dal passato, e coloro che guardano troppo avanti. Forse prima o poi si troverà un’equilibrio. Per noi comuni mortali, sono sicura che con un po’ di immaginazione sia possibile essere “trendy” pur mantenendo l’unicità acquistando vintage. Che vi mettiate a cercare nell’armadio della mamma oppure nei mercatini e nei negozi dell’usato, non rischierete mai di vedere qualcun altro indossando il vostro stesso vestito, e chissà, magari voi stessi lancerete una nuova tendenza.
Mi sto laureando in Fashion Styling allo IED di Milano e sono ossessionata dal thrifting e dai corsetti. I miei hobby sono scrivere, viaggiare e la fotografia . Mi sono sempre sentita un po’ Poorasfuck dentro, ma non avevo una parola per definire quel sentimento.
Mi sto laureando in Fashion Styling allo IED di Milano e sono ossessionata dal thrifting e dai corsetti. I miei hobby sono scrivere, viaggiare e la fotografia . Mi sono sempre sentita un po’ Poorasfuck dentro, ma non avevo una parola per definire quel sentimento.